La retorica renziana che promuove una fantomatica ripresa del tasso di occupazione e un aumento dei posti di lavoro diventa ogni giorno più ridicola di fronte ai dati che ci consegna la realtà. I (pochi) nuovi contratti di lavoro stipulati negli ultimi mesi sono in realtà fortemente precari e malpagati, e indotti dalla possibilità, fornita alle imprese, di accedere a ingenti incentivi fiscali, decontribuzioni e bonus occupazionali. Questa sì, vera e propria forma di sostegno assistenziale.
Il governo sta provando a costruire un immagine distorta degli effetti del Jobs Act, sia attraverso una fantasiosa interpretazione dei dati sull’occupazione sia tramite un’esaltazione dei nuovi ammortizzatori sociali indicati come «universalizzazione delle tutele». I dati reali, invece, ci consegnano una povertà in dilagante aumento e ammortizzatori sociali iniqui ed insufficienti per chi ha una storia contributiva e lavorativa intermittente, e oltre tutto non ancora erogati. Nonostante siano uscite le due circolari INPS riferite alla DIS-COLL e alla NASpI, la situazione è ancora completamente bloccata per evidenti ritardi e inadempienze procedurali. In questo contesto, il 6 giugno il Presidente del Consiglio ha con violenza respinto la proposta di introduzione di un reddito garantito, definendolo misura «incostituzionale» e «assistenzialistica». Una misura – occorre ricordarlo – assente solo in Grecia e Italia, che rappresenta per i movimenti sociali e per larghi strati dall’associazionismo di base un orizzonte di lotta irrinunciabile contro il ricatto della precarietà e della povertà.
Abbiamo iniziato, lo scorso settembre, a confrontarci tra varie realtà sociali, sindacati conflittuali e reti studentesche, analizzando e mettendo a nudo la pericolosità delle riforme del lavoro del governo Renzi-Poletti. Durante l’autunno abbiamo lavorato per costruire lo Sciopero sociale del 14 Novembre, un radicale atto di rifiuto del Jobs Act che ha visto mobilitate oltre 45 città. L’obiettivo era quello di estendere socialmente lo sciopero, per farne una pratica capace di coinvolgere e connettere tanto il lavoro dipendente quanto, soprattutto, i lavoratori precari, le partite IVA, gli studenti medi ed universitari. L’esperimento si può dire più che riuscito e, nonostante le evidenti difficoltà di far scioperare un mondo del lavoro sempre più frammentato, decine di migliaia di persone sono scese in piazza in tutta Italia per la prima grande manifestazione di dissenso al governo Renzi.
Il lavoro autunnale di opposizione al Jobs Act è proseguito, nonostante l’approvazione della riforma avvenuta pochi giorni prima di Natale. L’abbiamo portato avanti sperimentando inedite forme di sindacalismo sociale, attraverso vertenze e campagne concrete su tematiche decisive come il reddito di base, il salario minimo, il nuovo welfare e le stabilizzazioni. Un esempio è certamente quello del percorso “Garantiamoci un Futuro”, campagna che ha cominciato a smascherare e denunciare il business della disoccupazione giovanile che si cela dietro il programma Garanzia Giovani. Con occupazioni, volantinaggi e assemblee, “Garantiamoci un Futuro” è riuscito a ottenere una vittoria piccola ma importante: l’ aumento di 100 € (da 400 a 500 €) del “rimborso” destinato ai giovani tra i 15 ed 29 anni che andranno a svolgere gli stage previsti dal programma. Esempio altrettanto importante è il contributo che il Laboratorio romano ha dato alla nascita e allo sviluppo della “Coalizione 27 febbraio”, coalizione nata dalla convergenza di associazioni e reti di partite Iva, professionisti atipici e degli ordini, precari del mondo della ricerca, lavoratori parasubordinati. Con la pretesa dell’equità fiscale e previdenziale, la “Coalizione 27 febbraio” si è mobilitata sotto l’INPS il 24 aprile, ottenendo l’incontro con il Presidente Boeri, e tornerà a farlo il 24 giugno, sotto il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
A 100 giorni dall’approvazione dei primi decreti attuativi del Jobs Act, mentre il Consiglio dei Ministri si appresta a completare quanto previsto nella delega sul lavoro, sentiamo l’esigenza di tornare a confrontarci, con un momento pubblico che possa cominciare a demistificare i numeri e ad approfondire le reali conseguenze della riforma del lavoro. Vorremmo farlo, però, ripartendo anche dalla possibilità, dimostrata durante quest’anno, di continuare a costruire forme espansive e generalizzate di conflitto contro il piano delle riforme di Renzi basato essenzialmente su precarizzazione e sostituzione del welfare con il workfare. Un’opposizione che di fatto già abbraccia le importantissime mobilitazioni nel mondo della scuola e della formazione, ulteriormente colpito dalla così detta “Buona Scuola”.
Invitiamo tutte e tutti all’assemblea pubblica che si terrà Mercoledì 17 Giugno alle 16.30 presso l’Università “La Sapienza”, facoltà di Lettere, aula II.
Laboratorio romano dello Sciopero Sociale