Siamo le lavoratrici e i lavoratori della cultura e dello spettacolo. Siamo archeologhe, archiviste, attori, attrici, bibliotecari, maestranze, sarte teatrali, storici, storiche dell’arte, siamo le precarie e i precari della cultura e dello spettacolo di questo paese.
Avete dimenticato di coinvolgerci in queste giornate, anche se di fatto Quello di cui discuterete riguarda noi, il nostro lavoro, la nostra vita e il nostro futuro.
Oggi rivendichiamo il salario minimo, un riconoscimento che sarebbe un gesto di civiltà non solo verso la nostra categoria ma verso tutti le lavoratrici e i lavoratori di questo paese.
Il nostro è troppo spesso un lavoro povero.
La media salariale di un lavoratore dello spettacolo e della cultura è scandalosamente bassa. Se si considerano i periodi di disoccupazione fra un contratto e l’altro, la formazione non retribuita, e la larga diffusione di lavoro nero, si dipinge un quadro sconfortante in cui troppi di noi sono costretti a fare un doppio lavoro per sopravvivere.
Rivendichiamo, non solo un salario minimo, ma anche un reddito di continuità e una completa riforma, salariale e di tutele, dei CCNL di categoria che sono insufficienti o completamente estranei alle mansioni realmente svolte. Spesso i nostri contratti nulla c’entrano con la nostra professione e c’è un motivo se questo accade: la folle corsa all’esternalizzazione di tutti i servizi, i bandi di gara al ribasso, la scelta scellerata di non assumere e negli enti pubblici dello spettacolo e della cultura.
Portiamo avanti il comparto culturale del paese e allo stesso tempo veniamo sfruttate in nome del risparmio e delle esternalizzazioni. A questo scenario già abbastanza sconfortante, dobbiamo aggiungere che nella maggior parte dei nostri luoghi di lavoro si verificano spesso situazioni in cui si deroga ad ogni tipo di regola di sicurezza sia sanitaria che normativa, con conseguenze tragiche: lavoratrici e i lavoratori che si vedono negare diritti fondamentali come indennità per malattia, maternità o rischio costante per la propria incolumità o la propria vita. E quando proviamo a far emergere le contraddizioni di questo “asset strategico”, la competizione e lo sfruttamento che regnano nel settore, si genera una risposta repressiva. VIETATO PARLARE!
Proprio come accaduto al nostro collega Niccolò, archeologo estromesso per aver raccontato quanto è ingiusto percepire 6 euro nette l’ora per tutelare ciò che in questo meeting viene definito strategico per il rilancio del paese.
La ricchezza che genera il lavoro culturale appartiene tanto alla comunità che ne usufruisce , quanto a chi fatica per renderla fruibile! Non a chi la gestisce per fare profitto! La cultura e l’arte dovrebbero essere di tutti e tutte!
Leggiamo nel programma di questi giorni di un incontro dedicato al nuovo mecenatismo. Le detrazioni fiscali fanno certamente gola a molti, ma questa non è che una foglia di fico davanti a un paese che decide di aumentare gli investimenti in armamenti e da vent’anni non mette un euro in più su scuola, università, cultura e spettacolo. Lo stesso PNNR non fa cenno ad investimenti significativi che riguardino questi settori che, al pari della sanità, sono sempre considerati secondari e relegati in un colpevole oblio. Non esisterà mai “Cultura” senza una reale e giusta Cultura dei diritti e del lavoro.
Per questo oggi siamo qui a ricordarvi che le nostre vite valgono e che la passione che mettiamo nel nostro lavoro è la stessa che metteremo per conquistare salari più giusti e più diritti!
Internalizzazioni, tutele, formazione retribuita, concorsi trasparenti, salari equi, sicurezza, diritto di parola e di associazione, rinnovo dei CCNL: questa è la ripartenza strategica del settore.