In Italia sono circa 5,6 milioni coloro che vivono in povertà assoluta, ovvero che non riescono ad avere accesso a beni e servizi considerati essenziali; circa 9 milioni le persone in povertà relativa, che hanno lo stretto indispensabile per sopravvivere; circa 15 milioni le persone a rischio esclusione sociale. Dati sulla povertà ai massimi storici, che conducono l’Italia ai primi posti delle classifiche europee per rischio di marginalità sociale.
Un quadro socio-economico peggiorato negli ultimi anni a causa dell’emergenza pandemica prima e della guerra dopo, che hanno avuto un durissimo impatto sulle fasce più deboli, intervenendo ulteriormente in un contesto già profondamente segnato dalle disparità sociali. Dal 2020 infatti il reddito da lavoro è tornato a ridursi, a differenza di quello delle fasce più alte: oggi nel nostro paese i 40 miliardari più ricchi detengono l’equivalente della ricchezza netta del 30% delle più povere e dei più poveri, ovvero di 18 milioni di persone adulte. È evidente come povertà e disuguaglianze nel nostro paese vadano di pari passo e la fase di alta inflazione che stiamo attraversando non fa che aumentare la distanza tra le classi di reddito più povere e quelle più ricche.
In questi anni il Reddito di Cittadinanza ha svolto un ruolo chiave per la tenuta sociale del nostro paese: erogato a 3 milioni e mezzo di persone, ha protetto una rilevante fascia della popolazione permettendogli di superare la soglia di povertà e arrivare alla fine del mese. Tuttavia, nonostante il Reddito di Cittadinanza abbia evitato una “catastrofe sociale”, il Governo Meloni ha deciso di tagliarlo alle e agli “occupabili” per il 2023 e di abrogarlo definitivamente nel 2024.
In un mondo del lavoro caratterizzato dalla crescita di lavori a basso valore aggiunto, dal boom del tempo parziale involontario, dalla diffusione del lavoro nero e di contratti precari, con salari bassi e l’assenza di un salario minimo, dall’aumento dei costi dell’abitare, il dimagrimento dei servizi sociali comunali e pensioni spesso ridicole, il Governo ha deciso di risparmiare sul welfare per finanziare l’ennesima detassazione alle imprese, investendo le poche risorse in ambito sociale su uno specifico modello sfrenatamente neoliberista e familista. Modello in cui anche la fascia di popolazione più giovane – a causa di lavori intermittenti, sfruttati e sottopagati – rimane intrappolata in mancanza di misure di welfare che permettano una reale autonomia nelle scelte di vita.
È indispensabile che il Reddito di Cittadinanza non venga abrogato ma reso più ampio ed accessibile, attraverso l’eliminazione di criteri escludenti-come quello dei 10 anni di residenza per le/gli straniere/i o la mancata individualità che rende il RdC drammaticamente insufficiente nelle situazioni di fuoriuscita dalla violenza domestica.
È giunto il momento di rispondere alla guerra a tutte e tutti coloro che faticano ad arrivare alla fine del mese. È giunto il momento di rispondere e di reagire alla solitudine e alla costante incertezza di chi vive con il proprio reddito da lavoro o di chi un lavoro neanche lo ha.
Invitiamo reti, associazioni e movimenti territoriali a partecipare e le organizzazioni nazionali a sostenere una grande assemblea nazionale online* venerdì 24 marzo alle ore 18 per immaginare insieme un percorso comune per fermare la decisione del Governo Meloni.
Uniamoci per una grande campagna nazionale unitaria, diffusa sui territori, per realizzare iniziative, azioni e mobilitazione per difendere il Reddito di Cittadinanza, ripensandolo insieme in un’ottica inclusiva e universale per sconfiggere povertà e disuguaglianze.
*Se vuoi aderire al percorso e partecipare scrivici a civuoleunreddito@gmail.com
Hanno già aderito: