La fase che stiamo attraversando è caratterizzata da un’emergenza salariale senza precedenti: se è noto ormai da tempo che i salari nel nostro Paese sono fermi da circa trent’anni, l’impennata dell’inflazione nell’ultimo anno continua a erodere il potere di acquisto di lavoratrici, lavoratori e disoccupati, mettendo in difficoltà, le fasce di popolazione che in questi anni hanno pagato maggiormente il prezzo della crisi. Si stima che in media, negli ultimi due anni, il salario medio di un lavoratore abbia perso circa 5.000 euro, e gli interventi temporanei sulla contribuzione immaginati dal governo, oltre ad essere totalmente insufficienti, prefigurano futuri tagli alla spesa e la volontà di scaricare nuovamente sulle spalle dei cittadini i costi di un’inflazione generata dai profitti.
L’eliminazione del Reddito di Cittadinanza, in aggiunta, è l’ulteriore tassello di un disegno complessivo del governo Meloni, che vuole costringere lavoratrici e lavoratori ad accettare qualunque lavoro, con stipendi da fame e privo di diritti, eliminando il sostegno che, seppur migliorabile ed estendibile, aveva permesso a milioni di persone di avere uno strumento in più contro povertà e bassi salari.
All’interno di questo quadro, si è sviluppato il dibattito sul salario minimo e l’opposizione al Governo Meloni ha presentato una proposta di legge in merito. Proposta che, per quanto ancora non sufficiente, aggredisce un nodo fondamentale: come costruire un limite al di sotto del quale il lavoro non può essere ritenuto dignitoso? In vista della prossima Legge di Bilancio, con i tagli dei prossimi anni al salario indiretto (sanità, formazione, previdenza), vorremmo confrontarci con esponenti politici dell’opposizione per riflettere su questi temi.
Intervengono:
Marta Bonafoni (PD); Marco Grimaldi (Sinistra Italiana); Francesco Silvestri (M5S)